Release Day: La famiglia Aubrey di Rebecca West (Fazi Editore)

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Un buon motivo per recarsi in libreria ce lo fornisce Fazi Editore con il romanzo di Rebecca West, “La famiglia Aubrey”, primo volume della trilogia e tradotto da Francesca Frigerio.

Data di uscita: 5 Luglio

Acquistalo subito: La famiglia Aubrey

Editore: Fazi Editore
Collana: Le strade
Traduzione: Francesca Frigerio

Prezzo: € 18,00
Pagine: 570

Gli Aubrey sono una famiglia fuori dal comune, nella Londra di fine Ottocento. Nelle stanze della loro casa coloniale, fra un dialogo impegnato e una discussione accanita su un pentagramma, in sottofondo riecheggiano continuamente le note di un pianoforte; prima dell’ora del tè accanto al fuoco si fanno le scale e gli arpeggi, e a tavola non si legge, a meno che non sia un pezzo di papà appena pubblicato. Le preoccupazioni finanziarie sono all’ordine del giorno e a scuola i bambini sono sempre i più trasandati; d’altronde, anche la madre Clare, talentuosa pianista, non è mai ordinata e ben vestita come le altre mamme, e il padre Piers, quando non sta scrivendo in maniera febbrile nel suo studio, è impegnato a giocarsi il mobilio all’insaputa di tutti. Eppure, in quelle stanze aleggia un grande spirito, una strana allegria, l’umorismo costante di una famiglia unita, di persone capaci di trasformare il lavaggio dei capelli in un rito festoso e di trascorrere «un Natale particolarmente splendido, anche se noi eravamo particolarmente poveri». È una casa quasi tutta di donne, quella degli Aubrey: la figlia maggiore, Cordelia, tragicamente priva di talento quanto colma di velleità, le due gemelle Mary e Rose, due piccoli prodigi del piano, dotate di uno sguardo sagace più maturo della loro età, e il più giovane, Richard Quin, unico maschio coccolatissimo, che ancora non si sa «quale strumento sarà». E poi c’è l’amatissima cugina Rosamund, che in casa Aubrey trova rifugio. Tra musica, politica, sogni realizzati e sogni infranti, in questo primo volume della trilogia degli Aubrey, nell’arco di un decennio ognuno dei figli inizierà a intraprendere la propria strada, e così faranno, a modo loro, anche i genitori. Personaggi indimenticabili, un senso dell’umorismo pungente e un impareggiabile talento per la narrazione rendono La famiglia Aubrey un grande capolavoro da riscoprire.

“Eravamo ancora piccole, ma già furbe come volpi. Dovevamo esserlo. Dovevamo essere in grado di fiutare il vento e capire da quale parte sarebbe giunta la prossima sventura e prendere le nostre precauzioni…”

L’estate è anche questo, il riscoprire vecchi classici e sceglierli come compagni di viaggio. Direi che come pretesto è ottimo, buttarsi in libreria e procurarsi una copia de “La famiglia Aubrey”, primo volume della trilogia incentrata su una famiglia di artisti squattrinati che hanno dalla loro il talento, la sagacia e allo stesso tempo devono scontrarsi con la triste realtà, quella che vede l’immagine al centro di tutto.

Source: Pinterest

All’inizio credevo che affrontare questo romanzo sarebbe stato arduo, dato il numero di pagine che lo rendono corposo, ma la verità è che al di là della dimensione, quello che ha costruito Rebecca West è un mondo dove potersi perdere, affezionarsi ai personaggi e volere a tutti i costi seguire le loro vicende e non c’è cosa più bella per un lettore di questo, di costruire una sorta di legame.

Persa fra i fiumi di parole sono riuscita a divorare il volume, pentendomi soltanto dopo del mio essere ingorda, ora mi tocca aspettare per il sequel, mannaggia! Indubbiamente lo consiglio a chi ama i classici, ma anche a chi vorrebbe avvicinarsi e non teme un colosso della letteratura inglese come questo.

Scritto nel 1957 questo romanzo racchiude l’essenza dell’Inghilterra di fine 800, dove l’autrice mostra quelli che erano gli aspetti negativi dell’età Vittoriana, un periodo d’oro per le innovazioni scientifiche e per alcuni un periodo a rischio per gli intellettuali, per l’autrice un’epoca dominata dall’ipocrisia, la stessa che circonda i suoi personaggi.

Quest’opera è un elogio alle belle arti, in particolare alla musica, che lega e separa ogni singolo membro del nucleo familiare. Come note stonate di una melodia, ognuno di loro spicca a suo modo per la sua personalità, ma è soltanto quando provano ad armonizzare che ogni elemento sconnesso prevale l’uno sull’altro. Quella che vediamo non è una famiglia perfetta, ma è pur sempre una famiglia e come tale affrontano l’ormai imminente crisi aggrappandosi all’ultimo barlume di speranza.

“E potrebbe arrivare un tempo in cui non ci saranno più mani vive nel mondo, non ci saranno mani per fare musica, non ci sarà più musica, tanto esteso è il raggio d’azione della morte, nemmeno il ricordo della musica.”
Source: William Arthur Chase

Gli Aubrey sono una famiglia fuori dal comune, in una serie di villette a schiera risalterebbero, aggiungendo una nota di brio alle tinte piatte e noiose. Basta varcare la soglia della loro casa per venire accolti da un’ondata di profumi, voci e note in sottofondo di un pianoforte che ravviva l’atmosfera. Un’immagine suggestiva quanto poetica.

Clare e Piers Aubrey si sono trasferiti insieme ai loro figli a Londra da ormai diversi anni, lei un’ex pianista che ha dovuto chiudere il suo sogno nel cassetto per prendersi cura della sua famiglia mentre lui un giornalista, un uomo rispettabile che però è sempre lontano per lavoro, ma la verità è che non perde tempo a sperperare i soldi pur di alimentare il suo vizio nel gioco.

I debiti del marito stanno affondando la famiglia, ciò nonostante Clare ha trasmesso la passione per la musica ai suoi figli, Rose, Mary, Richard e Cordelia, quest’ultima è l’unica che non riesce a prendere una nota giusta con il suo violino ma che ciò nonostante tenta la sua personale scalata sull’Everest per diventare a tutti i costi la più grande musicista di tutti i tempi.   

“C’era come un velo sul suo viso, fatto di quello che lei sapeva e che io invece non conoscevo. Ero piena di meraviglia, allungai la mano e la toccai come se il suo segreto potesse passare attraverso la pelle.”
Source: Malcolm Liepke

La povertà non ha indebolito quello che è lo spirito di una famiglia, ovvero l’unione, nonostante i debiti fossero tanti Rose ha un bel ricordo della sua infanzia, dei momenti felici trascorsi fra una nota di un piano e le risate di tutti loro. Questo non significa che sin da piccoli non abbiano sentito la differenza sociale che vi era fra loro e altri bambini, anzi spesso e volentieri era il loro modo di vestire, la poca cura nell’aspetto ad essere sinonimo di ilarità fra gli altri ricconi viziati.

Attraverso gli occhi di Rose seguiamo la quotidianità della famiglia Aubrey, fatta di bei momenti ma anche di brutti, percepiti come un rombo, l’avvicinarsi di una tempesta che la madre deve affrontare a testa alta, caricandosi ancora di più sulle spalle altre responsabilità e conseguenze del vizio di suo marito.

La musica ha permesso a tutti loro di instaurare un rapporto sincero e la loro situazione economica invece li ha aiutati a capire che bisogna essere aperti gli uni con gli altri per superare i momenti difficili. La musica non mente, non dice mai una bugia perché le sue note sono sempre chiare, limpide, e rispecchiano ciò che si prova realmente nel momento in cui la si compone.

Delle note suonate alla perfezione ma senz’anima non regalano niente a chi ascolta, a volte infatti è molto più potente una melodia con qualche piccola imperfezione ma piena di sentimento di una sterile performance da primo della classe.

La famiglia Aubrey è un’orchestra senza maestro, in cui ogni strumento suona a cappella cercando di comporre la più difficile delle melodie, quella della vita.

“Be’, così è il tuono, triste come se ogni cosa fosse andata perduta per sempre. E anche il mare spesso è triste, e quasi sempre lo è il vento tra gli alberi.”

 

 

 

May the Force be with you!
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